Solidarietà alimentare, sette giovani extracomunitari ricorrono contro il Comune dell’Aquila per “condotta discriminatoria”

Lo scorso 15 aprile si sono chiuse le domande aperte cinque giorni prima dal Comune di L’Aquila, per accedere alle misure urgenti di solidarietà alimentare sotto forma di “buoni spesa”. Ne sono arrivate 1799.

Tra venerdì 10 e martedì 14 aprile due ricorsi però sono stati presentati al Tribunale dell’Aquila da sette cittadini extra comunitari, che hanno ritenuto “discriminatori” gli “ulteriori criteri” d’accesso richiesti dal Comune aquilano rispetto a quelli individuati dallo Stato come, in particolare, quello del permesso di soggiorno di lunga durata.

I sette cittadini ricorrenti, tutti giovani africani con permessi di soggiorno superiori ad un anno, sono assistiti da un gruppo di avvocati aquilani costituito da Fausto Corti, Gianluca Racano, Andrea Piermarocchi e Francesco Rosettini e dagli avvocati Alberto Guariso e Gianni Piscione, entrambe del Foro di Pescara e appartenenti all’Associazione per gli Studi Giuridici sull’immigrazione (ASGI).

Il fascicolo è ora nelle mani del giudice Ciro Riviezzo, presidente del Tribunale, che ha fissato la prima udienza per il prossimo 6 maggio.

IL COMUNE DELL’AQUILA  “DISCRIMINA”

Secondo il gruppo degli avvocati locali, il requisito richiesto  del permesso di soggiorno di lunga durata, “incide direttamente sulla posizione dei ricorrenti, i quali sono tutti cittadini stranieri extracomunitari muniti di regolare permesso di soggiorno pluriennale ma non di ‘lunga durata’, che si vedono ingiustamente esclusi dalla possibilità di concorrere all’erogazione dei benefici previsti dallo Stato per motivi legati unicamente alla loro nazionalità, comportando di fatto una indebita discriminazione tra residenti italiani e residenti”

In altre parole, si legge sempre nel ricorso, “tutti i residenti del comune dell’Aquila di nazionalità italiana possono ottenere il beneficio, tale possibilità non viene concessa a quei cittadini extracomunitari che pur godendo della medesima posizione soggettiva di ‘residente’ non sono muniti di permesso di soggiorno di lunga durata”.

Il permesso di soggiorno di lunga durata, è bene chiarirlo, può essere richiesto dallo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostri la disponibilità di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale.

Chiedere questo requisito  per ottenere il beneficio della solidarietà alimentare, secondo la difesa, viola l’Articolo 41 del testo unico sull’immigrazione secondo cui “gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale”

Un principio che secondo gli avvocati trova riscontro “anche nella consolidata Giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale sulla base del principio di eguaglianza posto dall’art. 2 della Costituzione, ha sempre ritenuto che, per quanto alle prestazioni volte a rispondere ai bisogni essenziali delle persone, non è ammissibile alcuna distinzione, men che meno quella sulla base dello status civitatis”

Stesso discorso vale anche per il “principio di non discriminazione sancito dall’art. 14 CEDU che, per consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, si applica anche ai diritti patrimoniali in cui rientrano le prestazioni sociali economiche”.

Il Comune ha lasciato nei requisiti il permesso di soggiorno a lunga durata nonostante dopo la sua delibera, la 211 del 4 aprile,cinque associazioni aquilane (3e32, Arci L’Aquila, Comunità 24 Luglio, Fraterna Tau Onlus e United L’Aquila) più l’Asgi, lo avevano diffidato ad utilizzare il requisito in questione chiedendo di ritirare la delibera in autotutela.

La Giunta (non si è mai convocato un Consiglio Comunale dall’inizio del lock down) ha però deciso di tirar dritto e lasciare, nell’Avviso uscito l’8 aprile, il requisito del permesso di “lunga durata” senza il quale, si legge sempre nel ricorso “ai ricorrenti non è permesso anche solo di presentare la domanda di partecipazione attraverso la procedura guidata nel sito internet dell’Amministrazione”.

VANIFICATA L’ORDINANZA DELLA PROTEZIONE CIVILE DEL 30 MARZO

Secondo gli avvocati “la Giunta comunale dell’Aquila è intervenuta nella definizione dei parametri per l’assegnazione della somma complessiva di 368.000 euro, contravvenendo all’ impostazione dettata dalla Protezione Civile”, tramite l’Ordinanza del 30 marzo 2020.  Una somma di complessivi 400milioni destinata ai Comuni “per la tutela immediata e alimentare di chi si trovi in stato di bisogno”.

Si legge nel ricorso che “l’erogazione di tali misure è disciplinata dall’art. 2, comma 6 della ordinanza, secondo cui ‘l’ufficio dei servizi sociali di ciascun Comune individua la platea dei beneficiari ed il relativo contributo tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus Covid-19 e tra quelli in stato di bisogno, per soddisfare le necessità più urgenti ed essenziali con priorità per quelli non già assegnatari di sostegno pubblico’”.

“Limitare la platea dei beneficiari tra gli extra-comunitari a coloro che siano in possesso di permesso di lunga durata – scrivono i quattro avvocati aquilani – può vanificare non solo lo spirito dell’ordinanza, ma anche l’operatività della stessa in moltissimi casi”

IL MANCATO COINVOLGIMENTO DEI SERVIZI SOCIALI

Inoltre, fanno sempre notare gli avvocati Corti-Racano-Piermarocchi-Rosettini, “l’ordinanza attribuisce ai Comuni unicamente funzioni operative, volte alla materiale di erogazione della misura assistenziale, delegando specificamente a tale attività gli uffici dei “servizi sociali”, che per loro destinazione, sono quelli più a contatto con le fasce deboli della società”.

Ne consegue secondo il ricorso“la illegittimità della delibera n. 211 del 4 aprile 2020, anche in quanto la Giunta comunale ha, in primo luogo, esercitato un potere (quello della individuazione dei beneficiari) che lo Stato aveva deferito ai “servizi sociali”, determinando una indebita interferenza dell’organo politico nel campo riservato alla articolazione amministrativa dell’Ente”.

Come questo già scritto su questo sito, basta vedere l’Avviso del Comune di Pescara (dove pure governa il centro-destra) per rendersi conto dove i servizi sociali sono stati coinvolti e il tipo di domanda che tale coinvolgimento genera, diversa anni luce da quella dell’Aquila.

Sull’utlizzo dei servizi sociali a L’Aquila e le risorse presenti e loro destinate, si potrebbe aprire forse un capitolo a parte.

COSA CHIEDE IL RICORSO

Gli avvocati chiedono quindi al Tribunale di ordinare con decreto cautelare di somma urgenza, l’ammissione con riserva dei ricorrenti e, previa audizione delle parti, prendere i provvedimenti necessari ed idonei a far cessare immediatamente la condotta pregiudizievole del Comune.

CHI SONO I RICORRENTI

Sono sette giovani cittadini africani, tutti tra i 20 e i 24anni, residenti a L’Aquila con permessi di soggiorno per Protezione umanitaria (2 anni) e sussidiaria (5 anni). Sono in questo momento privi di reddito, senza una famiglia che li possa aiutare (semmai loro devono aiutare la famiglia lontana) e tutti precari con lavori a intermittenza come tirocini o a chiamata. Forme di lavoro che si sono interrotte a causa del Corona Virus che li ha messi in uno stato di necessità senza aver diritto ad altre forme di aiuto economico come i 600€ (autonomi ecc.) o la cassa integrazione.

Sono “noi”, i giovani, che insieme stiamo cercando di entrare nel mercato del lavoro di questi anni. Solo che “loro” hanno dovuto ricorrere per ottenere, forse, cento miseri euro di buoni spesa perché sono arrivati qui come migranti.

Sì, sono quelli arrivati col barcone. Vivono tutti qui a L’Aquila da più di un anno, sono stati accolti in progetti di accoglienza comunale (Sprar) e ne sono usciti, chi da qualche mese, chi da uno, due, tre anni. Per questo non hanno più diritto a nessun beneficio pubblico relativo a quei progetti come abbiamo chiarito già in questo articolo. 

Sono rimasti qui e qui stavano condividendo insieme a tutti noi questa quarantena.

Tutti e sette si trovano nel mezzo di un percorso di integrazione che fa dell’Aquila il suo territorio. Tutti con relazioni umane e di lavoro, in quanto operai tra gli operai che prestano le loro braccia a datori di lavoro locali che hanno la loro attività sul territorio e che quindi concorrono alla sua fragile economia.

Son tutti e sette atleti, inseriti volontariamente nelmondo del calcio agonistico locale, con lo United L’Aquila e non solo.

Forse i primi sette che, nella loro delicata condizione di extracomunitari con protezione umanitaria o sussidiaria, hanno avuto il coraggio di battere i pugni contro l’Amministrazione locale, per un diritto che è anche di cittadinanza- quindi di tutti – che stavano già meritando di avere in tempo di pace e che gli è stato improvvisamente negato per mero pregiudizio ideologico.

Speriamo siano solo i primi a volersi riscattare.

Se alla fine dei loro permessi di soggiorno avranno un’occupazione, potrebbero rinnovarlo per “motivi di lavoro” e così di volta in volta sperando in altri permessi più definitivi (come quello di lunga durata) o, perché no , in una sanatoria.

Fosse che in Italia ci sia bisogno anche di loro?

Il fatto è che forse non tutte e due le parti in causa la pensano così.

 

Alessandro Tettamanti

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