Covid, la situazione in Ospedale e sul territorio. L’intervista a un medico di base e uno del Pronto soccorso

Abbiamo cercato di fare una piccola ricognizione sul territorio per capire meglio dalle voci di due dottori, cosa sta succedendo nel sistema sanitario locale di fronte l’innalzamento consistente di casi di contagio Covid-19, ormai arrivati nell’ultima settimana ad un media di circa quaranta al giorno nella città dell’Aquila.

Lo abbiamo fatto con due interviste, una alla Dottoressa Griggi Tamara, che lavora presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale San Salvatore dell’Aquila e l’altra al Dott. Vito Albano, medico di base e Segretario provinciale della federazione italiana medici di medicina generale. 

Con loro abbiamo provato a capire meglio anche qual’è l’evolversi della malattia, quali terapie si fanno a casa e cosa succede quando questo non basta e si viene ricoverati in Ospedale.

Partiamo da fuori le mura dell’Ospedale, dal territorio e dalla prospettiva di un medico di base che ha visto nelle ultime due settimane impennarsi le chiamate per sintomi Covid.

Dottor Albano c’eravamo lasciati ad Aprile che si parlava di potenziare la medicina sul territorio. Cosa è stato fatto nel frattempo e com’è la situazione attuale sul nostro territorio alla luce dei nuovi e numerosi contagi da Covid-19?

“Purtroppo durante il periodo post prima ondata non è stata fatto nulla. Ora ci è scoppiata questa bomba di contagi da due settimane e si sta cercando di fargli fronte. La situazione che si è venuta a creare improvvisamente ha portato un sovraccarico di lavoro per tutti: per l’ospedale, le USCA (le unità che operano sul territorio) e la prevenzione (tracciamento). Di conseguenza sono quindi iniziati  ad esserci dei disservizi. Per quanto riguarda la medicina sul territorio c’è bisogno assoluto di assunzioni di nuovo personale”. 

Può ripetere cosa sono le USCA e a cosa servono? 

“Le USCA sono nate per essere il braccio destro del medico di famiglia, cioè pazienti positivi o pazienti sospetti Covid vengono visitati dalle USCA invece che dal medico. In più le USCA hanno accettato di collaborare per fare i tamponi a casa. Il numero di visite che richiediamo noi medici di base fan sì che si sovraccaricano anche perché il medico USCA deve vestirsi e spogliarsi ogni qual volta svolge una visita,  il che prende un tempo anche considerevole”.  

La cosa importante ora sarebbe potenziare le USCA che passa attraverso il potenziamento delle squadre.

A L’Aquila ci sono 2 squadre, ognuna con una macchina, possono fare al massimo quindi due interventi contemperamente. Bisognerebbe creare una terza macchina con una terza squadra per fare un lavoro ulteriore. 

Quindi non bisogna aumentare solo il numero di risorse, come si sta facendo , ma anche ri organizzare l’attività creando una terza squadra.

Ci sono 7 squadre USCA sul territorio provinciale: 2 a L’Aquila, 3 ad Avezzano, 2 a Sulmona-Castel di Sangro. Ognuna di esse con le ultime assunzioni è dotata chi da 4, chi da 5 medici.

Come vanno le cose per voi medici di famiglia?

Noi medici di famiglia ci troviamo a svolgere il lavoro ordinario sia in ambulatorio che a domicilio per casi non sospetti e pazienti cronici. A questo va aggiunto il sovraccarico notevole per seguire i pazienti positivi a casa, perché le USCA sono solo il braccio che si deve confrontare con noi per impostare una terapia o una diagnosi, concertare insieme se è il caso che il paziente in quelle condizioni faccia una TAC o che resti a casa tranquillo. Inoltre ogni giorno chiamiamo i nostri pazienti  per capire le loro condizioni ed eventualmente allertare chi di dovere per cambiare la terapia. Noi medici di base siamo sovraccarichi ma possiamo ancora reggere, ma in futuro il tutto può aumentare ecco perché bisogna potenziare tutto ora”.

Qual’è attualmente la situazione per i suoi pazienti in relazione al Covid?

“Io ho 13 pazienti positivi, di cui 2 in ospedale ricoverati con polmonite, e uno che deve andare a fare una Tac perché è a rischio. Gli altri sono asintomatici.  Oltre questi tanti altri sono in attesa di tampone, di cui circa la metà potrebbe essere positiva”.

Quando dalla terapia a casa si passa ad un ricovero in ospedale?

“Si va in ospedale quando c’è un insufficienza respiratoria, c è poco ossigeno nel sangue. Ci sono pazienti che hanno comprato il saturimetro durante la prima fase e adesso se lo ritrovano. Noi ne abbiamo comprati alcuni e siamo in grado di fornirli se ci vengono richiesti”. 

Uno dei sintomi è la febbre, quanti giorni può durare?

“Tra i miei pazienti ho un giovane che ha la febbre da 10 giorni e solo adesso accenna a stare meglio”. 

 

Questa la situazione quindi sul territorio dal punto di vista del dottor Vito Albano.

Passiamo in Ospedale, intramoenia, per capire un po’ meglio la situazione dalla voce della Dottoressa del Pronto Soccorso dell’Ospedale dell’Aquila, Tamara Griggi.

Prima di tutto dottoressa Griggi si è risolta la questione tamponi al personale medico-sanitario e com’è la situazione posti letto al San Salvatore ? 

“Sì ogni 15 giorni adesso veniamo sottoposti a tampone. Per i posti letto vista l’ondata si stanno organizzando . Tutta la regione ha un problema di posti letto, la situazione peggiore credo sia ad Avezzano. L’ospedale si sta cercando di organizzare come può, i tempi sono stati stretti perché non si aspettavano tutto questo. Manca personale come in tutta Italia. La scelta sbagliata è stata fatta tanti anni fa quando è stato fatto il numero chiuso per medici e infermieri”.

Dal suo punto di osservazione al Pronto Soccorso cosa vede?

Sono i ragazzi che portano il virus e non si ammalano , mentre gli ultra 60enni si ammalano. Quando arrivano qui la fase della febbre e del dolore alle ossa, come da protocollo, se la sono fatta a casa. Quando la situazione precipita il medico di base o chi per lui fanno ricoverare il paziente che arriva qui al Pronto Soccorso con polmoniti, difficoltà respiratorie e febbre da più giorni. Alcuni sono già tamponi positivi, altri hanno insufficienze respiratorie  o altri sintomi riconducibili, e quando andiamo ad eseguire il tampone scopriamo che sono Covid Positivi. Non temiamo il contagio in questi casi perché ora ci sono percorsi ben precisi in Ospedale e tutti gli operatori dispongono dei dispositivi di protezione individuale.

Quante persone vede arrivare con sintomi Covid attraverso il Pronto Soccorso e dove vengono ricoverati dopo esser passati eventualmente per il Pronto Soccorso

Diciamo che ne vedo abbastanza… dal cinquantenne al novantenne, chi sta peggio sono gli anziani e pazienti fragili. Dal Pronto soccorso possono andare in Penumologia Covid, in Malattie infettive o Terapia intensiva a seconda del decorso.

L’Apertura del Delta 7 ha creato nuovi posti

“Il Delta 7, è un ottima soluzione, una medicina Covid in cui vengono inviati pazienti un po’ meno complicati che possono anche avere una polmonite, ma non una polmonite che  provoca un’insufficienza respiratoria grave. I pazienti devono essere tenuti sotto controllo, bisogna considerare che dando un pochino di ossigeno, l’ossigenazione migliora. Poi è vero che è possibile anche peggiorare”.

 

Alessandro Tettamanti

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