NON E’ ALL’INSEGNA DELLA GIUSTIZIA SOCIALE ED AMBIENTALE CHE SI RICOSTRUISCE UNA CITTA’?

Riporto il mio contributo integrale in occasione dell’incontro con Elly Schlein all’Aquila:

“L’Aquila città delle diseguaglianze due volte perché a quelle legate al territorio in cui si trova, una città nell’area interna del centro-sud Italia, si aggiungono quelle specifiche createsi dopo il terremoto del 6 aprile.

Dopo quella catastrofe così imponente che riportò la città ad una sorta di anno zero, ci sarebbe potuta essere la possibilità di contrastare le diseguaglianze utilizzando anche in tal senso le risorse pubbliche arrivate per la ricostruzione, ma tale opportunità è stata sprecata.

Eppure non è all’insegna della giustizia sociale ed ambientale che si ricostruisce una città? Quale altro sarebbe altrimenti il senso di ricostruirla diversamente?

Il processo di ricostruzione ha significato invece quasi esclusivamente anziché una ricostruzione sociale, la ricostruzione materiale della città com’era dov’era, mattone dopo mattone, pensando prima di tutto alla ricostruzione della proprietà privata e non di quella pubblica. Qualcosa che ha fatto concentrare le risorse verso i pochi delle ditte edili e dei grossi studi dei professionisti (progettisti, architetti, ingegneri…), e allo stesso tempo ha lasciato indietro la ricostruzione dello spazio pubblico così importante per la comunità (a partire dalle scuole ma non solo) e non ha creato occupazione al di fuori del settore edilizio.

Nonostante qualche tentativo, non si è pensato sufficientemente a delle politiche che potessero indirizzare la ricchezza in entrata verso una ricaduta più ampia su tutta popolazione, per la ricostruzione dunque di una città prima di tutto solidale. 

Al contrario purtroppo l’intervento emergenziale ed il conseguente processo di ricostruzione ancora in corso sta evidenziando l’acuirsi di un forte divario sociale che si impianta su un senso di disgregazione della comunità dovuto anche alla dispersione abitativa sul territorio e all’abbandono delle periferie da parte delle istituzioni, mentre il Centro storico, ricostruito con fondi pubblici, si sta riavviando ma sulle basi dell’esclusività, che lo rendono più che altro il centro del consumo, senza una quota sufficiente di residenzialità che lo renda autentico ed accessibile.

Anche qui specifiche politiche pubbliche sarebbero fondamentali per bilanciare le dinamiche del libero mercato e far in modo che anche piccole attività possano aprire accanto alle grosse catene e che anche soggetti meno abbienti, come famiglie e studenti, possano trovare il modo di risiedervi tramite prezzi degli affitti e delle vita accessibili.

Il turismo che ha trovato in questi ultimi anni un suo relativo sviluppo, non può essere l’unico asset economico del centro storico in quanto coinvolge comunque una piccola parte della popolazione occupabile, mentre bisogna limitare tramite un sistema di incentivi e detrazioni la tendenza dei proprietari a fare affitti brevi tramite le piattaforme digitali o non affittare proprio mantenendo gli appartamenti vuoti in attesa dell’affittuario ideale o di una sperata vendita dell’immobile restaurato e quindi ritenuto di maggior valore.

Il Progetto c.a.s.e., i nuovi quartieri sorti dopo il sisma costruiti inizialmente per accogliere gli sfollati, va ripensato tra abbattimenti, riqualificazione e un parziale cambio di destinazione, ma senza dimenticare però la funzione sociale che ha svolto in questi anni per il diritto all’abitare, che anzi va meglio organizzata e strutturata nella cornice del social housing. 

Cornice nella quale bisogna inserire anche le altre abitazioni del patrimonio pubblico conseguenti la legge sul cosiddetto acquisto equivalente (case di privati che sono state ricostruite e passate in mano all’ente pubblico), i cui appartamenti sono tutt’ora vuoti.

L’Aquila è una città che all’indomani di un grosso trauma si ritrova frammentata e dispersa e che per questo invece avrebbe bisogno di integrare le sue diversità e le sue contraddizioni con interventi che rendano dignitosa la vita nelle periferie geografiche ed esistenziali tramite investimenti sullo spazio pubblico e la dimensione comunitaria, rimossi finora dalla ricostruzione.

L’assenza di una mobilità pubblica decente è solo un altro tassello della mancanza di intervento per cercare di ridurre la segregazione nelle periferie.

Anche lo spazio dove ci troviamo questa sera fa parte di questa criticità in quanto è fuori dal tessuto cittadino e non raggiungibile a quest’ora con mezzi pubblici. Ci auguriamo tutti che la sede della Cgil (come quelle di altri sindacati ed agenzie sociali) possa tornare più vicina alla città. Una città che è particolarmente auto centrica, da cui consegue un impatto negativo sia a livello climatico che sociale in quanto solo chi ha la macchina e i soldi per mettere benzina può spostarsi liberamente.

Prima che dal 2017 si instaurasse al governo cittadino una nefasta destra che sta rendendo ancor più a rischio il futuro di questa città, la prima parte della ricostruzione è avvenuta con un governo cittadino di centro sinistra che ha saputo elaborare qualche misura nella direzione finora descritta come  quella del bando “fare centro” (risorse per aprire attività in centro per i primi tre anni di attività) e il 5 (poi divenuto 4) % dei fondi Cipe per la ricostruzione destinati ad attività produttive e, in un secondo momento, anche sociali. Queste misure non sono tuttavia evidentemente bastate e hanno avuto solo una parziale riuscita. Sul perché dovremmo interrogarci.

Il Pd di allora non è riuscito ad avviare una ricostruzione nel solco della lotta alle diseguaglianze. Lo dico senza polemica ma con quella parte di auto critica che secondo noi è necessaria fare in quanto propedeutica ad un cambiamento reale del partito che è ciò che ci auguriamo con Elly Schlein, che ha come primo punto del suo programma proprio la lotta alla diseguaglianze, per un lavoro dignitoso e il diritto all’abitare.

Siamo certi che con lei L’Aquila ,emblema del Paese e delle sue disuguaglianze, possa cambiare rotta e che grazie anche ad un utilizzo giusto dei fondi del Pnrr possa continuare il suo processo di ricostruzione nell’unico modo in cui ha senso, ossia all’insegna della giustizia sociale ed ambientale.

Un Partito democratico più sociale aiuterà a ricostruire la politica di sinistra nel Paese, come ce né estremo bisogno, come gli italiani e le italiane,  i lavoratori e le lavoratrici, i precari e le precarie , i disoccupati e tutti coloro che sono sprofondati nella crisi, ci chiedono di fare. 

L’unica direzione che ha senso prendere e percorrere insieme”.

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