La street dell’Aquila

I giornali locali racconteranno che il 25 aprile circa 500 giovani pellegrini sono arrivati in città da 11 diocesi per celebrare nelle chiese di Collemaggio e San Berardino l’anno della Misericordia,  concessa da Papa Francesco per prolungare di un anno la Perdonanza di Celestino V…

Altrettanti 500 giovani però, lo stesso giorno, hanno invaso dal pomeriggio, per ore e ore, festosamente e in maniera molto difficile da non vedere, le vie della città partendo proprio da San Berardino con arrivo proprio a Collemaggio, per festeggiare a ritmo di musica tekno il 25 aprile e la Liberazione, danzando il proprio tempo anti fascista.

Sulla stampa locale non ve n’è stata traccia. Meglio raccontare le gite delle diocesi e non far sapere troppo che c’è un altro modo di vivere le vie del Centro storico, senza classismo e paura dell’aggregazione sociale e del prossimo.

foto Giulia Ms Tangerine

Come hanno fatto questi 500 corpi uniti, giovani, biopotenti, danzanti e senza particolare timore di Dio, alternando interventi di tipo politico di segno anti fascista – che hanno riguardato praticamente tutti i temi politici e sociali dell’attualità – ai tamburi incessanti ed ipnotici della Tekno, la musica che questo Governo vuole illegale. Lo hanno fatto grazie a due carri addobbati ad hoc e su cui erano posizionati i muri di casse dei sound sistem con dietro i dj, così che sia la musica che i messaggi degli interventi fossero potenziati all’ennesima potenza, sputati dalla casse. Sui social ci sono centinaia e centinaia di foto e video.

“Siamo tutti antifascist* … Diritti per tutte e tutti … sanità pubblica… istruzione senza ideologia del merito… accoglienza…no decreto anti-rave, no repressione” …i messaggi al centro degli slogan. Ma quello principale era la parata stessa, il suo modo qui e ora di essere libera e in opposizione a ogni cultura fascista. Il suo segno inequivocabilmente libertario, socialista, femminista ed ecologista.

Dopo esser stato due ore fermo a San Bernardino questo corteo invisibile alla stampa mainstream, di colpo, ma in maniera sinuosa, ha iniziato a muovere il suo corpo. Un corpaccione mai visto in città che sprizzava energia in maniera indecente, contagiosa e irresistibile. ”Uuuuh””uuuaah” si sentivano incessantemente trapelare le urla di gioia fuori il muro di frastuono dei tamburi, mentre ci si prendeva  Via Zara, dove anche dai balconi le persone hanno iniziato a coinvolgersi e ballare. 

Dopo esser entrato da una delle porte della città il  corteo, o street parade che dir si voglia, ha conquistato  Via Castello dove è diventato un capolavoro vivente. E’ lì che si è avvertito un sentore, quello della storia: leggera, quotidiana, futura. Era tempo che non si vedeva una manifestazione del genere e mai prima in questa forma all’Aquila. 

Mentre i giornalisti delle testate ufficiali erano altrove questo corpo-corteo-parata di strada iniziava ad assumere una potenza caotica esponenziale, inaspettata, inarrestabile. E quando qualcosa di festoso diventa inarrestabile di solito il genere umano sente con compiacenza la vita scorrere nelle vene e ciò che fuoriusciva da questo era una certa armonia generale. 

Dai balconi alcuni striscioni accompagnavano una street parade fatta in provincia, verace e per niente aliena dal contesto, accolta dal ventre della città che la stava aspettando come una liberazione dall’ipnosi del decoro e dall’indecente bassezza della classe politica al potere. 

“Che la città si svegli!” urlava il carro con la testa di un pupazzo punk in cima e le bandiere rosse e nere dipinte sulle casse, una volta arrivato quasi a Piazza Regina Margherita. Impossibile non udirlo. I giornalisti delle testate mainstream in quel momento hanno dovuto infilarsi delle cuffie per non sentirlo.

Foto Ale.Bully

Perché insomma la città che ha eletto Giorgia Meloni alla Camera dimostrava che L’Aquila è tanto, tanto altro. Per esempio la sola città di provincia italiana, con la sua particolare storia sociale da dopo terremoto, che insieme a Roma, Bologna, Napoli, Firenze e Milano si è fatta terreno di una street parade del circuito Smash Repression che si oppone al decreto anti-rave. Eletta all’Aquila, contestata politicamente all’Aquila con una manifestazione memorabile.

Una città la cui storia la dovrebbero scrivere i ragazzini che ieri si arrampicavano sui furgoni al grido di viva la libertà, in una Via Castello epica. 

Gli  sguardi dei compagni e le compagne erano estasiati, i nostri occhi lanciavano fiamme e sorrisi che invadevano gli angoli più dimenticati della città, gli spazi più residui e le pause tra i tempi acidi dei bit sputati dalle casse. I più vecchi, che situazioni del genere se le sono andate a cercare in passato nelle metropoli urlavano: “adesso posso anche morire!”.

Arrivati alla Fontana luminosa abbiamo srotolato tutto lo striscione con i nomi di tutti i morti nel Mar mediterraneo e gridato vergogna per la strage di Cutro mentre altri interventi importanti si sono susseguiti dal muro di casse.

Le anime lievi atterrate sulle strade dell’Aquila sapevano però che il bello non finiva lì, quando lasciandoci la Fontana Luminosa alle spalle, davanti lo sguardo ci appariva, al tramonto, un viale in discesa ultra noto, quello del Gran Sasso.

All’uscita dell’esibizione in pieno Centro, andando verso la prima periferia, la street parade è diventata totalmente selvaggia, senza tempo e incontrollabile, sfilando ai piedi delle montagne innevate su cui cadeva intanto l’ultima luce, dove e così come l’avevamo sempre voluta e in cuor nostro attesa. Due nuove bandiere sventolavano allora dal furgone, una con scritta “united we stand” e l’altra coi colori dell’arcobaleno.

I tamburi hanno conquistato il viale, i corpi spiritati danzavano con la gioia dei bambini, io mi sono messo a rappare dal mic per qualche minuto con la musica sotto. 

Alla rotonda il motore di un camion fa le bize. Continuiamo con uno solo e sfiliamo come simpatici diavoletti nella penombra affianco la Questura. Con la nostra musica dolce e violenta, scendiamo per la discesa che approda nell’amata via Strinella: “Adelante L’Aquila, adelante” grida ancora il carro inarrestabile che naviga libero per la città.

La gente ai primi suoni ci aspetta dai balconi, ci sente arrivare dai negozi e le pizzerie. Noi la salutiamo annunciando la pacifica invasione , un modo diverso di vivere il tempo e la città.

Affianco il parco dell’Unicef,  dove tutto iniziò con il 3e32 esattamente 14 anni fa, ci fermiamo ancora. Ripartiamo, ed è a quel punto che Jamal – 12 anni, meticcio, CaseMatte nativo –  si prende via Strinella iniziando a incitare con il microfono la gente che sui balconi  balla. Un uomo lo fa con il figlio a ciccicollo. 

Interruzione del tempo del condizionamento , spiraglio di libertà improvvisa, breccia verso un’altra dimensione possibile. “Non abbiamo paura! Non abbiamo paura!” gridano i ragazzi e le ragazze sotto cassa che sembrano remare per continuare a spingere la tekno, mentre Jamal si lancia in una dichiarazione d’amore verso lo spazio autogestito con cui è cresciuto. “CaseMatte non è un luogo, casematte siamo noi” grida al microfono . Mai definizione più profonda, asciutta e corretta.

È notte. Siamo in giro da 6 ore e il sound sistem non ha nessuna intenzione di calmarsi e dietro lui la folla continua a danzare frenetica. Ad aprire il corteo una donna su una sedia a rotelle affiancata da un’altra fantastica creatura androgina che sventola una bandiera fucsia. Nessuno lo ha deciso, nessuno l’ha organizzato, semplicemente dal kaos ha così preso forma. Telepatia forse, intelligenza collettiva probabilmente, semplice bellezza può essere, ma di certo accade quando ci si prende cura gli uni degli altri in maniera comunitaria e ci si lascia libere, consce che non possiamo controllare qualsiasi cosa.

Anche la polizia, che condivide la strada con noi, credo ci inizi a conoscere come non ci aveva conosciuto prima e m’immagino si stia chiedendo da dove prendiamo tutta questa pacifica energia che nemmeno loro pensavano potesse esistere. Ma non erano finite le manifestazioni? Le piazze piene? Pare di no, qualcosa sta riemergendo, una chiave è stata trovata in fondo al pozzo.

Ci sentiamo così bene e vivi che vorremmo raggiungere la villa comunale, ma non vogliono che torniamo in centro, fosse mai che qualche giornalista della stampa ufficiale si imbatta involontariamente in “noi” e ne debba poi inevitabilmente parlare. Se solo avessimo fatto un danno… invece niente, quindi come non esistiti, meglio parlare dei cinquecento in gita dalle diocesi, più vicini al clima nazionale e all’amministrazione locale.

Così stazioniamo mezz’ora ancora davanti al terminal, che ci sentano che non ce ne vogliamo andare e che se non continuiamo a stare in giro è perché siamo gentili, non perché non ne abbiamo le forze. 

Perché oggi non ci nascondiamo, sono i fascisti che lo fanno. Noi oggi restiamo a far la festa dell’opposizione sociale fino al mattino, che forse anche i giornalisti della stampa ufficiale ne dovranno parlare.

Saliamo per il Colle del maggio e in pace con Celestino continuiamo a danzare lì, di fronte il rosone, con i ragazzini ormai in possesso della parte alta del carro che cantano “casematte ovunque da conquistare, zone rosse ovunque da liberare” miracolo della trasmissione culturale intergenerazionale locale. Ormai c è solo armonia e consapevolezza. 

Entriamo a casa nostra , nel (ex) manicomio, e ci mettiamo a ballare a CaseMatte che siamo ancora in centinaia.

Ci sarà un prima e un dopo questa manifestazione, questa street in Provincia. Al di là dell’importanza, pari a zero, che ha avuto sulla stampa. 

Adesso sappiamo sulla nostra pelle che divisi non siamo niente ma che insieme siamo tutto. Adesso sappiamo che è possibile unire e come farlo.

Perché con il decreto anti rave il governo, oltre che l’odiosa repressione, ci ha dato anche uno straordinario assist per ricordare quanto improntante sia l’arma della musica e in particolare di quella molto aggregante della tekno.

 

 

Alessandro Tettamanti

*foto in copertina Francesco Tetè

IL RACCONTO VIDEO DELLA STREET DI CYBER AUBERGINE PER MEDIACREW CASEMATTE

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