L’Aquila-Tagliacozzo e l’esordio di ‘Suli’: “Il calcio è la mia vita, gioco per il mio futuro e per la maglia della città che mi ha accolto”

Sul giornale il tabellino del match domenicale L’Aquila-Tagliacozzo (9-0) riporta nella sua freddezza, che al 20’ del secondo tempo per L’Aquila è entrato con il numero 16 “Mohammed”.

Sembrerebbe la normale entrata in campo di un giocatore dal nome “straniero”, ma è molto di più. Dietro c’è una una storia di vita che intreccia il calcio con i fenomeni migratori e sociali in cui siamo immersi in questi nostri tempi. Una storia in cui è importante il campo di gioco, ma ancor di più quello che c’è fuori il rettangolo verde.

Mohammed si chiama Suleman, per tutti ‘Suli’. Viene dal Ghana, ha solo 17 anni e vive da più di un anno a Pettino, a Via Amiternum, nella comunità per minori non accompagnati di “Crescere insieme”, al quarto piano di un palazzo da dove, solo poco tempo fa, si potevano ben vedere le demolizioni di alcune case popolari “sgarrupate”, ovvero lasciate ‘intatte’ in tutta la loro distruzione procurata dal terremoto di quasi dieci anni fa.

Partito 16enne dalla sua terra, Suli, ha affrontato senza la sua famiglia, ancora bambino, un viaggio spaventoso, simile a quello di tantissimi altri, avvenuto su dei camion stracolmi di gente in mezzo al deserto e che lo ha visto per svariati mesi detenuto in Libia. Fino ad arrivare in Sicilia dopo un lungo viaggio in mare sulle classiche imbarcazioni di fortuna e poi ad essere accolto nella nostra città, L’Aquila.

“In africa giocavo con una squadra del mio paese, qui all’Aquila quando sono arrivato ho iniziato a giocare a pallone nel campo dell’Oratorio” racconta Suli che come tantissimi altri ragazzi migranti negli ultimi anni, ha trovato disponibili le strutture sportive semi-aperte dei salesiani.

Ad accorgersi di lui per primo, racconta, è stato un suo amico nigeriano: “ha visto che ero bravo e mi ha chiesto se giocavo già in qualche squadra del territorio, dopo di che mi ha portato a fare un provino col San Gregorio”.

Nel frattempo accade che Suleman da un’altra comunità dove si trovava ospite sempre dell’Aquila, viene trasferito in quella di “Crescere insieme”. Sarà la sua fortuna. Qui, uno dei responsabili, Goffredo Juchich, lo porta a fare un provino con l’Amiternina in cui viene preso nelle giovanili.
“L’anno scorso ho giocato sei partite e ho fatto quattro gol giocando come difensore. Il mio ruolo – continua Suli in un discreto italiano – è esterno sinistro, ma all’Amiternina mi hanno schierato difensore centrale. Lì ho conosciuto tanti ragazzi italiani”.

Poi nell’estate succede l’impensabile. L’Aquila calcio fallisce e la nuova società ricomincia purtroppo dalla Prima Categoria. Suli nel frattempo gioca qualche partitella estiva nella primissima fase di preparazione del progetto di United L’Aquila che ha particolare attenzione verso i giovani migranti calciatori e dove iniziano a giocare due sue amici che vivono con lui nelle stessa comunità: Momo (che poi sceglierà di continuare con il rugby) e Backary (esterno attualmente in forza alla squadra di Bernardi). Poi, accompagnato sempre da Goffredo Juchich, ci prova ancora e si propone all’Aquila di Mister Cappellacci che crede in lui e lo tessera. Fino all’esordio di ieri allo stadio Gran Sasso d’Italia.

“Ero emozionato ma anche molto contento di entrare perché la squadra della città è importante per la maglia e per i tifosi che ci hanno aiutato a vincere”, afferma un Suli neanche troppo imbarazzato al microfono che gli metto davanti nella sua stanza, nell’unico giorno di riposo dal calcio che ha nella settimana. A pensarci bene a essere emozionato, forse, sono più io, penso, perché sto parlando con un giocatore dell’Aquila calcio (poco importa se quest’anno si chiama formalmente “Città dell’Aquila”), e per me L’Aquila calcio è una specie di Dio e i suoi giocatori delle sue manifestazioni terrene a cui sono devoto senza alcuna eccezione o categoria di sorta.

Suleman, dopo la panchina contro il Pizzoli, nei 25minuti giocati ieri è entrato in maniera determinante nell’azione dell’ottavo gol con un colpo di testa

. “Era calcio d’angolo – racconta – io ho colpito con la testa e la palla è arrivata tra Carosone e un loro difensore per poi arrivare a Lolli che ha tirato e abbiamo fatto gol. Eravamo più forti di loro, per questo abbiamo vinto. Con Pizzoli invece abbiamo fatto qualche errore, ma sappiamo che quest’anno dobbiamo vincere. Io ho giocato bene, Mister Cappellacci a fine partita mi ha detto che sono stato bravo”, afferma con la serenità di chi sa di aver dato tutto.

Ma cos’è il calcio per Suli? “Il calcio è la mia vita, io gioco per andare sempre più avanti, non per soldi, ma per la maglia della città che mi ha accolto e per i suoi tifosi. Adesso sono con un Mister bravo e con molta esperienza spero sia importante per il mio futuro”.

Suli tra pochi giorni, il 10 ottobre, diventerà maggiorenne. Molte cose per lui cambieranno allora e il suo futuro dipenderà anche da come noi italiani, tramite anche i nostri rappresentanti politici, decideremo di trattare chi chiede di essere accolto, lavorare e avere un opportunità in Italia; se vedere i migranti come potenziali risorse o come una minaccia. Tutti i tifosi dopo aver visto la partita di ieri e conosciuto, almeno in campo, questo giocatore non avrebbero dubbi su come giudicare questo ragazzo che l’anno scorso ha preso, impegnandosi a dovere, il diploma di terza media e che, ovviamente, non gioca solo a calcio, ma ha anche un talento nel disegno come nella pratica di altri sport come la pallavolo.

Un ragazzo costretto a scappare da una realtà difficilissima in cerca di un futuro migliore: “mio padre è morto quando ero bambino, in Ghana ho lasciato mia madre, un fratello e una sorella. La vita è difficile per noi – racconta non senza emozionarsi stavolta Suleman – adesso non li sento da tempo perché non è facile comunicare con loro. Un giorno voglio tornare per andarli a trovare”.

“Il nostro obiettivo è cercare di sviluppare le potenzialità dei ragazzi, che sono enormi – ci dice Goffredo Juchich che da due anni ha aperto la comunità per minori “Crescere insieme”. “Qui in Italia arrivano risorse vere – continua il responsabile – portatori di cultura e talento. Il nostro obiettivo è valorizzare questo talento. Nel caso di Suli è stato lo sport, ma può essere la musica, il disegno o qualsivoglia attività. Il mio sogno sarebbe accompagnare qualcuno di loro alla laurea, per adesso ci dobbiamo accontentare della terza media o dell’iscrizione a qualche istituto superiore professionale. Dovrebbero avere la possibilità di ambire a qualsiasi obiettivo, sia la Serie A come nel caso di Suli, o una laurea in medicina per un altro ragazzo. Se penso alle barbarie che stanno accadendo in mezzo al mediterraneo sono certo che abbiamo perso medici, ingegneri…”

L’Aquila città accogliente? “Sì lo è soprattutto quando gli si mettono davanti esempi virtuosi come i progetti Sprar o quello sportivo-sociale di United L’Aquila a cui come crescere insieme stiamo contribuendo- continua Juchich – perché nella vita di tutti i giorni quando vedi un ragazzo pulito come Suli, la paura data dalla non conoscenza viene meno se sei una persona di media umanità. Il razzismo invece è dare valore a qualcuno a secondo di dove è nato. Questo non è ammissibile” conclude.

Insieme a Suli prima di andar via ci spariamo un “Forza L’Aquila” insieme , da aquilani di vecchio e nuovo corso. Suli all’Aquila ci sta crescendo, L’Aquila sta dando qualcosa a lui e lui all’Aquila. Speriamo davvero nel suo contributo, come in quello di molti altri nella ricostruzione sportiva e sociale di questa città che non può che mantenersi aperta e solidale, pronta a dare cittadinanza alle risorse che vogliono esprimere qui i loro talenti.

Alessandro Tettamanti

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