Solidaretà alimentare, anche l’UNAR (Presidenza del Consiglio) si pronuncia: “Discriminatori i criteri adottati da alcuni Comuni”

Anche l’Unar, L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, istituito nel 2003 presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha messo nero su bianco le sue osservazioni verso gli interventi di solidarietà alimentare nell’ambito dell’emergenza covid-19, giudicando “discriminatori i criteri adottati da alcuni Comuni che per la distribuzione di buoni spesa e di generi di prima necessità a persone in stato di bisogno, stabiliscono un ordine di priorità per i cittadini italiani, comunitari o per gli stranieri in possesso del permesso di soggiorno CE di lungo periodo“.

Una pronuncia importante che va nella stessa direzione del ricorso contro il Comune dell’Aquila di cui questo sito d’informazione ha dato notizia pochi giorni fa, da parte di sette cittadini extracomunitari residenti nel Capoluogo abruzzese e tutti titolari di permessi di soggiorno superiori ad un anno. Quello aquilano infatti rientra appunto tra quei Municipi che hanno scelto di applicare ulteriori criteri, oltre quelli disposti dal decreto della Protezione civile, come la residenza ed in particolare il permesso di soggiorno di lungo periodo, un permesso che si ottiene solo dopo aver risieduto continuativamente nello stesso Comune e dimostrando un certo reddito. La prima udienza è stata fissata per il prossimo 6 maggio.

L’Unar, pur riconoscendo che la Protezione Civile “conferisce ai Comuni una ampia discrezionalità nell’individuazione dei criteri tramite cui selezionare i potenziali beneficiari” osserva che “l’adozione di criteri che escludano dalla platea dei possibili beneficiari di misure di sostegno al bisogno alimentare sulla base della cittadinanza o della tipologia di permesso di soggiorno di cui si è in possesso, violerebbe il principio di parità di trattamento dell’Unione Europea ed in particolare gli art. 12 della direttiva 2011/98 per i titolari di permesso unico e l’art. 29 della direttiva 2011/95 per i beneficiari di protezione internazionale.

Non solo. Scrive sempre l’Ufficio della Presidenza del Consiglio che “la scelta di un criterio che dia priorità sulla base del possesso della cittadinanza italiana e comunitaria e distingua gli stranieri in base al titolo di soggiorno, o che escluda completamente da un beneficio chi non abbia residenza in quel Comune, potrebbe configurare una discriminazione collettiva ai sensi dell’art. 2, lett. a) del D. Lgs. n. 215/2003″.

Inoltre, come ben riscontrato anche nel ricorso aquilano che abbraccia nel complesso gli stessi principi dell’Unar, l’Ufficio anti discriminazioni sostenete che “L’adozione dei succitati criteri, tra l’altro, potrebbe violare il TU Immigrazione configurando una discriminazione diretta (art. 2, 41 e 43)  dato che la distribuzione di buoni spesa e di generi di prima necessità è assimilabile, in tutto e per tutto, alla erogazione di un servizio sociale, per il quale la normativa garantisce parità di trattamento nelle prestazioni a tutti gli stranieri con permesso di soggiorno di almeno un anno e si estende anche alle altre categorie di stranieri (titolari di permesso unico, titolari di protezione civile internazionale)”.

Anche sul criterio della residenza l’Unar ritiene che, “se inteso dal punto di vista strettamente anagrafico, potrebbe discriminare indistintamente sia cittadini italiani che stranieri privi di fissa dimora, sia i richiedenti asilo non iscritti alla anagrafe della maggioranza dei Comuni. In sostanza, potrebbe configurarsi non solo discriminatorio ma altresì in controtendenza con i principi stessi dell’Ordinanza 658 della Protezione Civile, andando proprio ad escludere da un beneficio proprio quei soggetti che in questo momento si trovano nelle condizioni di maggiore bisogno”.

L’Ufficio anti discriminazione scrive infine che “le suddette scelte, oltre la normativa comunitaria e nazionale in materia di parità di trattamento, infrangerebbero prima di tutto i principi stessi individuati dal provvedimento della Protezione Civile che parla esclusivamente “di nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus Covid-19 e tra quelli in stato di bisogno, per soddisfare le necessità più urgenti ed essenziali…”.

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